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Cop15. Un terzo della terra trasformato in riserva. Ma l’idea divide il mondo

Articolo da Avvenire (del 10 dicembre 2022; di Lucia Capuzzi).

«E’ tempo di stringere un patto con la natura», ha detto il segretario generale dell’Onu, António Guterres all’apertura, mercoledì, della Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (Cop15) a Montreal. Il summit – nato dal vertice della terra di Rio del 1992 come i “cugini” contro il cambiamento climatico e la desertificazione – è partito già con due anni di ritardo, causa pandemia. Nel frattempo, un milione di specie, soprattutto insetti, rischia di sparire per sempre e il 40 per cento del pianeta è degradato. Non si era mai visto niente del genere in 10 milioni di anni. Da qui l’urgenza di «evitare l’apocalisse», come l’ha chiamata il segretario generale Guterres.

A una settimana dalla fine del summit – a meno di non andare ai tempi supplementari fino ad arrivare al 19 dicembre –, l’illusione di un negoziato spedito e celere fra i 196 Paesi firmatari della Convenzione sembra infranta. Si tratta, piuttosto, di rimettere insieme i cocci per raggiungere un risultato quantomeno accettabile. Insomma, non proprio un “accordo di Parigi sulla biodiversità”, come sperava il fronte ecologista ma quantomeno un’intesa quadro in grado di fermare l’inesorabile dileguarsi di foreste, laghi, animali durante il prossimo decennio. Quello precedente, il cosiddetto “patto di Achimi“, dalla località giapponese dove è stato approvato nel 2010, è scaduto e deve essere sostituito.

Tanto più che nessuno dei suoi venti obiettivi è stato pienamente raggiunto. Ma trovare un nuovo compromesso non sarà facile. Secondo fonti ben informate, la bozza con le ventitré mete da conseguire entro il 2030 contiene innumerevoli richieste di correzione. Si parla di 1.400 frasi da riformulare, segno della mancanza di intesa. Molti sono i punti dolenti. Due, però, sono le battaglie principali in corso nella sede di place Québec.
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Avvenire.it/mondo/pagine/cop15-biodiversita

 

 

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